19 settembre 2015. Quando si sveglia, Alessandro non sa perché è finito lì, in quel letto. Si guarda il corpo, muove un po’ le gambe, poi fa una pallina di carta e la tira nel cestino della stanza. «Ok, funziona tutto», si dice. Nei primi giorni di ospedale, si convince che tornerà a giocare a basket, anche se magari ci vorrà qualche tempo per riprendersi dall’arresto cardiaco improvviso che lo ha sorpreso durante una partita. Poi, come è successo ad altri atleti, arriva la diagnosi e l’impianto di un defibrillatore cardiaco nel petto che cancellano ogni speranza di riprendere la carriera agonistica appena iniziata.